Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile
Fascicoli 2019
Analisi trimestrale del sistema energetico italiano anno 2018
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SINTESI DEI CONTENUTI
- Secondo la stima preliminare dell’ENEA, nel 2018 i consumi di energia primaria sono stati pari a circa 171,5 Mtep, in aumento di circa un punto percentuale rispetto al 2017. Nel corso degli ultimi quattro anni si è dunque consolidata una tendenza opposta a quella registrata nel lungo e costante periodo di riduzione dei consumi iniziato già prima della crisi economica. Nel 2018 l’aumento della domanda di energia è risultato in linea con la crescita dell’economia, dunque l’intensità energetica del PIL è rimasta sostanzialmente invariata, confermando lo stop ai cali degli anni precedenti già emersa nel 2017.
- In un’ottica di lungo periodo la correlazione registrata negli ultimi anni tra i consumi di energia e i loro principali driver sembra indicare che gli obiettivi di riduzione dei consumi individuati nel recente Piano Nazionale integrato Energia e Clima (PNEC) richiedano una forte accelerazione nel disaccoppiamento tra energia ed economia.
- L’incremento di circa 2 Mtep di energia primaria rispetto ai livelli del 2017 è imputabile all’aumento dei consumi di petrolio, fonti rinnovabili ed importazioni di energia elettrica, complessivamente cresciuti di circa 5 Mtep, e solo in parte compensati dalla minore domanda di gas e carbone. La ripresa dei consumi di petrolio e la riduzione del ricorso al gas per la generazione elettrica hanno fatto sì che nel 2018 le due fonti siano arrivate a coprire la stessa quota di energia (circa il 35%), mentre la quota di fonti fossili nel mix energetico si colloca la 75% (1,5% in meno rispetto a 2017, ma ancora due punti percentuali in più rispetto al minimo del 2013).
- Secondo le stime ENEA, i consumi finali di energia per 2018 si attestano a circa 127,5 Mtep, in aumento di circa l’1,5% rispetto al 2017. In un’ottica di più lungo periodo i consumi finali di energia sembrano essere tornati su un trend di crescita rispetto al punto di minimo raggiunto nel corso del 2014, quando erano scesi sotto la soglia dei 120 Mtep. La crescita del 2018 è imputabile fondamentalmente all’aumento dei prodotti petroliferi nel settore trasporti, settore nel quale nel 2018 si segnala il calo del mercato dell’auto e il peggioramento delle emissioni medie specifiche del nuovo immatricolato (114 gCO2/Km, +1,8% sul 2017). In lieve riduzione i consumi del settore industriale, in un anno di progressivo rallentamento della produzione. Sostanzialmente stabili i consumi del settore civile, a fronte di un impulso negativo proveniente dai driver (clima e prezzi dell’energia).
- La richiesta di energia elettrica resta su un trend di crescita molto moderato (+0,4% nel 2018). Rispetto ai livelli massimi del 2008 la domanda risulta oggi inferiore di circa il 5%, in ripresa quindi rispetto al -9% di inizio 2015 (+1% la crescita media annua nel periodo 2015-2018). I consumi finali di energia sono cresciuti ad un ritmo tre volte superiore rispetto al più modesto aumento della domanda elettrica, dunque l’elettrificazione del sistema energetico risulta in sia pur marginale calo rispetto al 2017, appena al di sotto del 20% dei consumi finali, sostanzialmente stabile da quattro anni. Si tratta di un elemento di potenziale criticità per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione di medio periodo.
- Nella generazione elettrica, in riduzione rispetto al 2017 (-1,8%) nonostante il marginale aumento della domanda, una variazione significativa riguarda il gas naturale, in riduzione di circa 2 Mtep sul 2017 (oltre l’8% in meno) dopo la ripresa dell’ultimo triennio, favorita tuttavia da elementi congiunturali. In aumento invece le rinnovabili elettriche, che hanno prodotto 95 TWh di energia elettrica (+12%), grazie alla ripresa della produzione idroelettrica dai livelli minimi del 2017. È però per la prima volta in calo la produzione da fonti rinnovabili intermittenti (-1,3 TWh, oltre il 3% in meno sull’anno prima), soprattutto a causa della minore produzione solare (quasi il 5% in meno).
- Secondo la stima preliminare ENEA nel 2018 le emissioni di CO2 del sistema energetico italiano sono state pari a circa 325 Mt, in riduzione di circa il 2% rispetto ai livelli stimati per il 2017. A determinare il calo delle emissioni sono stati i settori della trasformazione dell’energia, generazione elettrica in primis (-7%), e in misura minore i settori industriale (-2%) e civile, le cui riduzioni hanno più che compensato l’aumento delle emissioni dei trasporti.
- La traiettoria emissiva italiana al 2030 risulta divergere da quella coerente con i target europei, come declinati nel recente Piano Nazionale integrato Energia e Clima, e spostare questa traiettoria su quella target delineata nel PNEC richiede che alcune variabili chiave prendano velocemente un percorso di riduzione significativamente diverso da quello registrato nell’ultimo decennio. In particolare è in primo luogo l’intensità energetica (consumi di energia per unità di PIL) che dovrebbe collocarsi su una traiettoria decisamente più ripida di quella registrata nell’ultimo decennio: il tasso medio annuo di riduzione dell’intensità energetica dovrebbe essere più che doppio di quello registrato nell’ultimo decennio. In assenza di ciò sembrano in particolare di notevole complessità gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei settori non-ETS.
- Le diverse questioni che riguardano il sistema energetico italiano sono sintetizzate dall’indice sintetico della transizione energetica ISPRED elaborato dall’ENEA, che nel 2018 presenta un nuovo significativo peggioramento rispetto all’anno precedente (-8%). Si tratta del quarto peggioramento consecutivo su base annuale dopo il massimo raggiunto nel 2014. L’analisi dell’evoluzione temporale degli indicatori che contribuiscono a comporre l’indice ISPRED consolida la conclusione che l’obiettivo di uno sviluppo equilibrato e sinergico delle diverse componenti del trilemma energetico sembra lontana dal realizzarsi. Continuano invece a susseguirsi fasi nelle quali il miglioramento su un aspetto si accompagna al peggioramento su altri. L’analisi evidenzia infatti la significatività di relazioni di trade-off tra le tre dimensioni.
- Come nei precedenti tre anni il peggioramento dell’ISPRED è in primo luogo ascrivibile alla dimensione decarbonizzazione. Sebbene nel corso dell’anno si siano registrati segnali positivi, che hanno portato a una ripresa del percorso di riduzione delle emissioni di CO2, in disaccoppiamento con i consumi di energia, gli indicatori relativi alle emissioni di CO2 riflettono il fatto che la distanza fra le emissioni stimate a fine 2018 e quelle corrispondenti alla traiettoria coerente con gli obiettivi 2030 è sui massimi dell’ultimo decennio, particolarmente nel caso delle emissioni dei settori non-ETS (trasporti, civile e industria non energivora). A questo si aggiunge un peggioramento marcato anche dell’indice relativo alle fonti rinnovabili, che se continuassero a seguire la traiettoria degli ultimi anni si fermerebbero ben al di sotto del 30%, obiettivo fissato per il 2030 nel recente PNEC. Tra l’altro, secondo la stima preliminare ENEA, a fine 2018 la quota di fonti energetiche rinnovabili (FER) sui consumi finali dovrebbe risultare pari a circa il 18%, sui livelli dell’anno precedente e perfino con una buona probabilità di una marginale riduzione.
- Complessivamente la dimensione sicurezza dell’ISPRED presenta una variazione minima rispetto al 2017, ma con variazioni differenziate tra i diversi mercati e segmenti della supply chain. Nel sistema petrolifero e della raffinazione la ripresa dei consumi ha determinato una lieve risalita del peso del petrolio nel sistema energetico, con importazioni nette costanti al 95%, ma con una diversificazione che resta molto elevata e in un contesto di mercato globale del petrolio nel quale continua ad aumentare il ruolo della produzione dei Paesi OECD. Si segnalano invece i peggioramenti degli indicatori relativi al rapporto tra produzione interna e consumo di gasolio, che continua la sua discesa verso la parità, e dei margini di raffinazione, penalizzati per buona parte dell’anno dagli aumenti del greggio, ma che pure sono diminuiti più che altrove. Nell’anno è sceso anche il tasso di utilizzo degli impianti di raffinazione, che si è collocato stabilmente intorno al 78%, come nella prima metà del 2017, quando però l’utilizzo era poi salito nella seconda metà fino all’85%, corrispondente ai massimi decennali. Anche la media 2018 resta dunque relativamente elevata se valutata in un’ottica di medio periodo.
- Gli indicatori relativi al sistema del gas naturale sono in complessivo miglioramento, perché il calo dei consumi ha comportato anche a livello giornaliero un più elevato margine di capacità rispetto al picco di domanda, sebbene la disponibilità solo parziale dell’interconnessione con il Nord Europa abbia fatto divenire problematico il rispetto della regola N-1. Il ruolo sempre più dominante del gas russo ha portato in alcuni periodi dell’anno a una significativa riduzione della diversificazione degli approvvigionamenti, ma nell’ultimo trimestre il mutato scenario del mercato internazionale ha portato a un forte aumento degli arrivi di gas naturale liquefatto (GNL). Pur restando su livelli decisamente elevati (1,7 €/MWh) si è inoltre ridotto il differenziale tra il prezzo all’ingrosso italiano (PSV) e quello del principale hub europeo (TTF), che peraltro nel 2017 era stato sui massimi dal 2012.
- Nel sistema elettrico il ritorno alla media sia dell’idraulicità sia delle importazioni, insieme alla sostanziale stagnazione della domanda, hanno determinato un miglioramento nel margine di riserva alla punta, che nelle ore più critiche dell’anno è comunque rimasto intorno al 30%. Sia la penetrazione oraria massima sia la variabilità delle fonti intermittenti sono rimaste al di sotto del dato 2017, allentando alcune loro implicazioni per la gestione in sicurezza del sistema. Il forte aumento del prezzo del gas per la gran parte dell’anno, insieme alla riduzione del peso della generazione termoelettrica sul mercato, di quella a gas in particolare, ha portato al peggioramento della redditività di questi impianti, con un calo del 53% del clean spark spread (a 5,4 €/MWh).
- Sul fronte dei prezzi dell’energia il 2018 è stato un anno negativo. Nell’anno si sono progressivamente riversati sui prezzi al dettaglio i rialzi dei prezzi di petrolio e gas naturale registrati fino a settembre, mentre i cali successivi non sono ancora arrivati ai prezzi al dettaglio. Anche al netto di questi ultimi cali il prezzo medio annuo di petrolio e gas naturale è comunque risultato in media d’anno in significativo aumento (+30% circa per entrambi). Nel caso dei prezzi dell’energia elettrica per le utenze industriali piccole e medie gli aumenti del prezzo nel 2018 sono stati pari all’8-13%, mentre per le utenze di dimensioni maggiori si possono stimare aumenti molto più contenuti, anche grazie agli sgravi fiscali in favore degli energivori. Per quanto riguarda i prezzi dell’elettricità per gli utenti domestici, come registrato dall’indice dei prezzi al consumo armonizzato Istat (IPCA), il 2018 segnala un certo aumento (+4,5%), a fronte di un pur ridotto tasso d’inflazione (+1,2%). Per il gas naturale, l’aumento del prezzo nel 2018 per l’utente non domestico (classificabile nella fascia di consumo 1.000-10.000 GJ per anno) si può stimare pari al 21%. Per quello che riguarda i prezzi al consumo del gas per le utenze domestiche (IPCA), si segnala altresì un aumento pari al 5,6%, piuttosto elevato se letto alla luce del trend più recente.
- Nel confronto internazionale, in ordine al gas naturale, nei primi nove mesi del 2018 l’Italia conosce un livello di prezzo praticato alle utenze industriali (nella fascia di consumo 27.780 - 277.800 MWh/a) in linea con la media dell’Unione Europea (2,38 c€/kWh, contro una media UE 28 di 2,42). Molto più problematico il confronto internazionale relativo ai prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica, che nel 2018 nell’Unione vede l’Italia in posizione più competitiva solo rispetto ad Irlanda e Gran Bretagna, altri Paesi a notevole dipendenza dal gas naturale in termini di generazione elettrica.
- Queste dinamiche si sono inevitabilmente riflesse nella dimensione prezzi dell’ISPRED, che è anch’essa in peggioramento, ma temperato dal miglioramento dei prezzi dell’elettricità per i consumatori industriali con consumi elevati, che nel confronto con il 2017 hanno beneficiato della riforma che introdotto gli sgravi degli oneri di sistema per i consumatori energivori. Peggiorano invece significativamente gli indicatori relativi ai prezzi dell’energia elettrica per gli altri utenti. I prezzi per i clienti domestici sono infatti sui massimi dell’ultimo decennio, mentre quelli dei piccoli consumatori non domestici sono tornanti sui livelli di cinque anni fa, oltre a rimanere i più elevati dell’UE. In peggioramento anche gli indicatori relativi ai prezzi del gas naturale, per tutte le fasce di consumo, sebbene in questo caso nel confronto con gli altri Paesi i prezzi italiani siano più in linea con gli altri Paesi europei.
- Anche i prezzi al consumo del gasolio sono aumentati nel corso 2018 (+8% rispetto al 2017). Anche in questo caso si segnala un aumento leggermente inferiore a quello dei prezzi medi europei, cosicché il prezzo italiano è ora il secondo più alto dell’UE-28, di poco inferiore a quello svedese. Dietro a questo miglioramento vi è il fatto che il prezzo industriale del gasolio (al netto delle tasse) è tornato al di sotto della media UE-28, cosa che non accadeva dal 2016.
- I dati sul commercio internazionale di prodotti e tecnologie legate alla transizione energetica collocano l’Italia in posizione complessivamente non positiva, pur tra luci ed ombre. In particolar modo, la posizione italiana dal lato della mobilità low-carbon (veicoli elettrici, veicoli ibridi, accumulatori agli ioni di litio) sembra caratterizzata da una forte dipendenza dall’estero, con saldi commerciali negativi, secondo un trend sempre più accentuato. Buona la posizione per il solare termico e per l’eolico. Per il fotovoltaico il saldo commerciale nel 2018 è leggermente negativo, ma è da segnalare l’evidenza di una buona performance verso i Paesi extra-UE. In particolare, emerge una certa specializzazione dell’export italiano in favore degli USA (93% dell’export totale, dato 2017, rispetto al quale il 2018 pare sostanzialmente in linea).
- Questo numero dell’Analisi trimestrale include un Focus che analizza evoluzione e tendenze della spesa pubblica in ricerca energetica nel quadro della grande ripresa degli investimenti a livello mondiale che hanno sostenuto lo sviluppo delle tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili e di quelle relative all’efficienza energetica a partire dagli anni Duemila. L’analisi mette in rilievo come l’Italia, sebbene in linea con le tendenze emergenti, stia destinando a queste tecnologie una quota della spesa in ricerca energetica pari a circa il 30% del totale (dato 2017), molto al di sotto di quella registrata mediamente in Europa (45% nel 2016). Ma la maggiore preoccupazione deriva dal registrare a partire dal 2012 una continua riduzione dell’investimento pubblico in ricerca energetica (ad oggi pari al -18%), in contrasto con la notevole dinamica di crescita registrata da Germania e Gran Bretagna, che rende l’Italia più simile alla Spagna, nel contesto di una più forte crisi depressione economica dei Paesi del Sud Europa, accentuata dalle politiche di austerità successive allo scoppio della crisi internazionale del 2007-2008.