Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile
Fascicoli 2017
Analisi trimestrale del sistema energetico italiano anno 2016
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SINTESI DEI CONTENUTI
- Nel 2016 i consumi di energia primaria sono rimasti stabili sul valore del 2015 (circa 163 Mtep, al netto delle biomasse negli usi civili), mentre i consumi finali di energia sono in aumento marginale (circa mezzo punto percentuale), grazie alla ripresa dei consumi industriali. Sebbene l’aumento dei consumi sia stato inferiore a quello delle variabili guida, sintetizzate nel superindice ENEA, è significativo che in entrambi gli ultimi due anni, nei quali la variazione del PIL è tornata positiva (sia pure a tassi inferiori all’1% annuo), è tornata positiva anche la variazione dei consumi di energia. Si tratta di un segnale che nella forte contrazione dei consumi di energia dell’ultimo decennio, quasi il -20% rispetto ai massimi, il ruolo principale lo ha avuto la crisi economica, mentre l’auspicato disaccoppiamento tra crescita economica e consumi energetici ha avuto un ruolo minore. Se questo dato si conferma sembra difficile prefigurare ulteriori riduzioni dei consumi energetici in presenza dell’auspicato ritorno della crescita economica su valori stabilmente positivi.
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In ripresa significativa i consumi di gas naturale (+5%), trainato prevalentemente dalla domanda della termoelettrica. Le fonti di energia rinnovabile (FER) sono in leggera diminuzione, ma cresce ancora la quota delle FER sui consumi finali, che secondo la stima preliminare ENEA si colloca al 17,6% (rispetto al target UE 2020 del 17%). Nella generazione elettrica forte diminuzione del carbone, sostituito dal gas, stabili le FER. Consumi elettrici di nuovo in diminuzione, e per il secondo anno consecutivo si riduce il grado di elettrificazione dei consumi finali di energia.
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Sul mercato del petrolio il 2016 è stato l’anno della ripresa dei prezzi, prima in attesa dell’accordo OPEC/non-OPEC per il taglio della produzione, poi per l’aspettativa che quest’ultimo possa bilanciare l’eccesso di offerta. Ma diversi segnali fanno pensare che difficilmente il prezzo del petrolio possa tornare su livelli molto più elevati degli attuali, ammesso che invece non torni a scendere. In Italia vi è stato un forte calo della produzione interna di greggio (-41%) per il blocco degli impianti di estrazione della Val d’Agri. L’import mantiene un elevato grado di diversificazione dei fornitori. Pur in flessione (-4%), le lavorazioni di greggio italiane restano seconde in Europa solo alla Germania, mentre la riduzione del tasso di utilizzo degli impianti (-5% per le sole lavorazioni di greggio) è in controtendenza rispetto ad altre realtà UE. I margini di raffinazione hanno subito un peggioramento che però ha colpito tutto il sistema della raffinazione mondiale. Il consumo di prodotti petroliferi è in lieve flessione per benzina e gasolio (-2,8% e -0,1%), mentre si registrano aumenti per gli altri prodotti (carboturbo in primis). Le nuove immatricolazioni di autoveicoli sono aumentate di un ragguardevole 16%, ma benzina e gasolio coprono ancora il 92% del parco auto.
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Sul mercato del gas naturale è stato l’anno dei prezzi ai minimi e convergenti tra i tre principali mercati, ma anche l’anno del massimo storico dell’export di gas russo verso l’UE. Il più ridotto arrivo di GNL (gas naturale liquefatto) in Europa è stato definito come la vittoria del primo round di un conflitto che sarà pluriennale fra gas russo e GNL per la conquista del mercato europeo, ma è avvenuto a prezzi del gas russo che sono stati i più bassi degli ultimi dodici anni. In Italia l’import dalla Russia è invece diminuito, per la forte ripresa delle importazioni dall’Algeria, per la prima volta in parte indicizzate ai prezzi spot.
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Nel 2016 è emersa in modo particolarmente evidente la stretta interdipendenza fra mercati del gas e dell’elettricità. Dal lato della domanda, in tutta Europa vi è stata una forte ripresa del gas naturale, guidata dalla sostituzione di carbone con gas nella termoelettrica. In Italia la domanda di gas è aumentata del 13% nel termoelettrico, del 5% complessivamente, ma resta inferiore di circa il 15% rispetto ai massimi del periodo 2005-2010. A fine anno un nuovo impulso alla domanda è arrivato dalla fermata di alcuni reattori nucleari francesi, che hanno determinato un interessante “caso studio” per la valutazione della sicurezza dei sistemi elettrici e del gas europei. In Italia la domanda di punta è tornata su livelli non lontani dai massimi storici: il 14 gennaio 2017 ha infatti raggiunto i 425 Mm3, nemmeno il 10% in meno del massimo storico del febbraio 2012, con un clima quest’anno decisamente meno rigido di allora.
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Per il sistema elettrico italiano il 2016 è stato un anno a due facce. I primi tre trimestri sono stati caratterizzati da un consolidamento delle tendenze degli ultimi anni: domanda in ulteriore leggero calo, fonti rinnovabili non programmabili (FRNP) ai massimi storici (13,1% su base annuale), prezzi di borsa ai minimi storici (32 €/MWh il prezzo medio ad aprile) e allineati nelle diverse fasce (F1 e F3 in particolare), persistenza dell’overcapacity, sebbene più ridotta che in anni recenti, leggero miglioramento della redditività dei cicli combinati a gas grazie ai prezzi del gas ai minimi, ma probabilmente ancora insufficiente per un ritorno sul capitale. L’ultimo trimestre dell’anno, con la fermata dei reattori francesi ha cambiato significativamente l’equilibrio del mercato. I prezzi sono risaliti a una media di 56 €/MWh, mentre l’ulteriore spinta alla generazione da gas ne ha migliorato la profittabilità, anche perché l’overcapacity si è rivelata meno ampia di quanto spesso ipotizzato, in particolare al Nord.
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L’analisi dello stato del sistema energetico italiano a fine 2016, come descritto dall’indice sintetico della transizione energetica ISPRED elaborato dall’ENEA, corredato da alcune analisi statistiche e da un’analisi puntuale di tutte le questioni ritenute rilevanti dalla Strategia Energetica Nazionale del 2013, produce un quadro che ha molte sfaccettature. Nel 2016 l’ISPRED è in leggera diminuzione, attestandosi a 0,51, come conseguenza di un peggioramento negli aspetti relativi a decarbonizzazione e sicurezza energetica, non compensato dal miglioramento sul fronte dei prezzi dell’energia per l’industria (i prezzi dell’elettricità in particolare, che restano tra i più alti d’Europa).
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Complessivamente, per la decarbonizzazione la situazione italiana resta caratterizzata da criticità ridotta. Ma con la fine degli impulsi depressivi sulla domanda di energia legati alla recessione economica, se si guarda oltre il breve termine anche su questo aspetto i segnali recenti non sono molto positivi. Nel 2016 le emissioni di CO2 del sistema energetico italiano sono tornate a diminuire (-0,8%) dopo il forte aumento del 2015. La traiettoria delle emissioni risulta coerente sia con gli obiettivi di riduzione relativi al 2020 sia, sotto ipotesi relativamente ottimistiche, con gli obiettivi relativi al 2030. Sotto ipotesi più conservative gli obiettivi al 2030 sembrano invece più difficili da raggiungere. In particolare, sembra problematico l’obiettivo di riduzione delle emissioni dei settori non-ETS (trasporti e climatizzazione degli edifici in primo luogo), che la proposta di regolamento in discussione fissa per l’Italia al -33% rispetto al 2005. La ragione di queste potenziali difficoltà sta nel fatto che negli ultimi anni la forte diminuzione delle emissioni di CO2 è avvenuta, più che in altri Paesi, per la diminuzione dell’attività economica, mentre i fattori strutturali hanno svolto un ruolo minore che altrove. Tra questi, sempre nella prospettiva post-2020, è necessario prestare attenzione anche allo sviluppo delle fonti rinnovabili, che negli ultimi anni hanno visto ridursi molto i tassi di crescita.
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Sul fronte sicurezza energetica, il quadro resta variegato, anche per l’intrinseca complessità della questione. Nel sistema petrolifero resta delicata al questione della competitività della raffinazione. Nel sistema del gas naturale restano su livelli meritevoli di attenzione diverse delle questioni sollevate dalla Strategia Energetica Nazionale del 2013 (SEN). È sostanzialmente invariata la questione del mancato allineamento dei prezzi italiani con quelli degli hub continentali. Quanto all’adeguatezza del sistema rispetto a possibili situazioni estreme a fine inverno, gli eventi di fine 2016 e inizio 2017 hanno fornito un interessante “caso studio”, che ha mostrato per un verso che il sistema ha retto bene all’impennata della domanda legata alla necessità di rimpiazzare il crollo delle importazioni di elettricità dalla Francia, per un altro verso che in caso di situazioni estreme ancora oggi la capacità di import in eccesso rispetto alla domanda potrebbe raggiungere valori relativamente critici. Anche nel mercato elettrico gli eventi di fine 2016 e inizio 2017 hanno in qualche modo rappresentato un “case study”. Ne è emersa una conferma della progressiva diminuzione dell’overcapacity, che nel medio periodo potrebbe perfino far riemergere motivi di preoccupazione, un dato già segnalato nei numeri precedenti dell’Analisi trimestrale. D’altra parte, la ripresa del ruolo del gas nel mercato elettrico, anche a scapito del carbone, ha migliorato la profittabilità dei cicli combinati. Altro tema di rilievo è il nuovo massimo storico nella penetrazione delle FRNP.
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Resta infine elevato il livello di criticità dei prezzi dell’energia all’industria. Il prezzo medio annuo dell’energia elettrica pagato dalle imprese italiane registra una diminuzione negli ultimi due anni per tutte e tre le categorie esaminate, e si attesta ora su valori simili a quelli del 2011, ma rimane ancora lontano dalla media dei Paesi UE. Anche nel primo trimestre 2017 prosegue la discesa del prezzo pagato dalla piccola impresa che rispetto ai valori di un anno fa registra un calo del 5,6%. Nel 2016 sono diminuiti i prezzi del gas per l’industria, in linea con i prezzi spot, ma in maniera meno incisiva che negli altri principali Paesi UE. Peggiora dunque la competitività dell’Italia, in particolare per le utenze piccole (+17% il differenziale di prezzo rispetto alla media-UE) e per quelle alte (+11%). Si accentua inoltre in Italia il divario dei prezzi tra piccole e grandi utenze, attestandosi su un valore quasi doppio e molto vicino a quello del 2011. Più svantaggiati risultano i piccoli consumatori industriali situati nel Centro Sud e nelle Isole, sui quali gravano costi delle infrastrutture più elevati rispetto a quelli del Nord Est (in media +60%).
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Una valutazione puntuale delle questioni ritenute rilevanti dalla SEN del 2013 mostra che molte di esse sono ancora attuali. La sfida prioritaria, i prezzi dell’energia mediamente superiori ai concorrenti europei (soprattutto per l’elettricità), non sembra che presenti miglioramenti sostanziali. Su sicurezza e indipendenza degli approvvigionamenti vi sono dei miglioramenti per alcuni aspetti, anche grazie alla notevole riduzione della domanda, ma alcune delle priorità definite nella SEN non hanno mostrato progressi (dipendenza dall’import, produzione interna di idrocarburi). Riguardo alle difficoltà di alcuni segmenti del settore energetico vi sono stati dei miglioramenti legati all’evoluzione favorevole dei mercati internazionali di gas e petrolio, ma non sembrano esserci segnali dell’auspicata crescita del settore. Infine, è invece positiva l’evoluzione del sistema riguardo agli obiettivi ambientali e di decarbonizzazione europei. Ma secondo i risultati preliminari di uno studio ENEA una parte significativa della riduzione dei consumi di energia avvenuta fino al 2014 può essere spiegata con la semplice variazione delle variabili guida dei consumi (PIL; produzione industriale, clima, prezzi dell’energia). Non a caso l’evoluzione più recente sembra mostrare che con il ritorno a una crescita economica positiva, sia pure modesta, si assiste a un rallentamento sia del tasso di riduzione delle emissioni di CO2 sia del percorso di disaccoppiamento tra consumi energetici e crescita economica.
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Infine una indicazione di rilievo circa le caratteristiche dell’attuale traiettoria di sviluppo del sistema energetico italiano viene da un’analisi statistica che prende in considerazione l’insieme dei dati relativi ai tre aspetti del trilemma energetico. Ne emerge che la transizione energetica italiana degli ultimi anni si è probabilmente sviluppata in presenza di relazioni di trade-off fra le tre dimensioni del trilemma, con miglioramenti su un fronte compensati da peggioramenti su un altro. La conseguenza più recente di questo dato è che la combinazione di una modesta ripresa economica e di una parziale revisione delle politiche di incentivazione può in breve determinare un nuovo peggioramento delle prospettive di decarbonizzazione, la dimensione del trilemma energetico su cui negli ultimi anni si erano fatti più progressi, anche al costo di effetti non sempre positivi su prezzi dell’energia e sicurezza. La riconduzione delle tre dimensioni a un rapporto sinergico sembra evidentemente un obiettivo prioritario per una transizione più efficiente.